Il Castello di Civita Superiore di Boiano - Il Borgo antico di Riccia: ferie in Molise

 

Il Castello di Civita Superiore di Boiano

Il borgo di Civita Superiore, BoianoIl castello, le cui rovine si trovano nel Borgo di Civita Superiore, faceva parte delle fortezze private dell'imperatore Federico II e veniva amministrato da suoi castellani di fiducia. Secondo documenti dell'epoca è probabile che i feudatari lo tennero in affidamento fino al terremoto del 1456.

Scarse sono poi le notizie di un riutilizzo del castello dopo questo disastroso evento, anche se non sono da escludere lavori di restauro voluti forse dal vescovo Silvio Pandone nel 1513.

Dal punto di vista architettonico il castello presentava una pianta allungata e due recinti: uno a nord e l'altro a sud di un corpo di fabbrica centrale nel quale era la residenza del conte o palatium; il primo recinto o ricetto era separato dall'altro da un fossato artificiale scavato nella roccia.

Il ricetto era poi collegato al resto della fortezza da un ponte levatoio che immetteva in un ampio corridoio circondato da massicce mura in cui erano praticate tre aperture che controllavano il fossato e svolgevano un' importante funzione difensiva.

Un'ulteriore cinta muraria, che fortificava il castello, si univa al recinto merlato che racchiudeva l'intera cittadella; un insieme di mura quindi di cui ancora oggi si conserva la parte occidentale, importante perché al proprio interno erano sorte delle piccole abitazioni riservate ad una colonia di ebrei, giunti al seguito di Federico II.

 

Il Borgo antico di Riccia

Recenti studi condotti sul territorio hanno evidenziato come la zona di Riccia fosse abitata già in epoca sannita. I ritrovamenti di tegole, di oggetti di ceramica a vernice nera e scorie ferrose nei siti di Campo S. Pietro, Pesco del Tesoro e Cerignano, testimoniano la presenza di insediamenti sanniti, anche di significative dimensioni, nell'agro riccese.

Lo storico Amorosa, nel suo lavoro di inizio Novecento, sostiene che Riccia abbia avuto origine da una colonia romana stabilitasi sul territorio in conseguenza della legge sillana. In un passo delle cronache delle Colonie, Sesto Giulio Frontino annota che "…Aricia oppidum pro lege Sullana…": il nome Riccia sarebbe quindi, semplicemente, la riproposizione del luogo di origine della colonia, l'attuale Ariccia laziale.

L'"Aricia" romana diventa "Saricia" nei documenti del secolo XII, ed ancora "Ricia" e "Aritiae" durante il secolo XIV, infine "Ritia" nei decreti della Curia del XVII secolo per giungere alla denominazione attuale. Nel 642 giungono a Riccia gli Schiavoni, scampati all'eccidio del duca Rodoaldo, nella battaglia dell'Ofanto.

Le notizie del periodo longobardo e di quello successivo normanno riguardanti l'abitato riccese sono molto poche e poco attendibili: di certo, sappiamo che nel XII secolo Riccia era feudo ecclesiastico del Monastero dei SS. Pietro e Severo di Torremaggiore. È molto probabile che tale condizione si prolungò per tutto il periodo svevo.

All'inizio della dominazione angioina, invece, il feudo venne concesso al famoso giurista Bartolomeo di Capua, primo duca di Termoli ed appartenente alla illustre stirpe dei Conti di Altavilla.

I tre elementi chiave del complesso architettonico di Piano della Corte - il Castello, la chiesa del Beato Stefano e l'antico Magazeno - donano allo spazio racchiuso dentro il perimetro poligonale un effetto prospettico davvero apprezzabile, grazie al loro rispettivo affacciarsi sulla Piazza. 

Questa, luogo strategico e vitale del borgo medievale, può essere considerata un chiaro esempio della rivoluzione culturale e architettonica dell'epoca rinascimentale, voluta dal feudatario Bartolomeo III di Capua agli inizi del '500, a cui vanno ad aggiungersi le caratteristiche case, vicoli e scalinate dell'antico borgo.

La Torre, da poco restaurata, sorge sul limite di uno strapiombo roccioso. Alta quasi venti metri, ha pianta cilindrica e conserva sulla cima un coronamento di beccatelli in pietra. All'interno si sovrappongono tre camere, oggi collegate da scale a chiocciola, ognuna con finestra quadrangolare.

L'ingresso è invece raggiungibile grazie a una breve scalinata in ferro. Particolare è il serbatoio per l'acqua, scavato interamente nella roccia sotto la torre, nella parte più profonda della quale sono conservati i resti delle carceri con relative camere di tortura.
Accanto alla torre principale resta anche una torretta secondaria, a difesa dell'entrata e del ponte mobile.

La torre principale aveva come funzione quella di controllo, data la sua posizione dominante su tutta le valle, e costituiva il mastio principale del castello appartenuto ai di Capua.

Non si hanno date certe sulla costruzione del castello di Riccia, ma quasi sicuramente l'edificio risale, come tanti altri insediamenti difensivi molisani, all'epoca longobarda. I primi lavori eseguiti sulla fortezza risalgono al 1285 e furono voluti da Bartolomeo di Capua, feudatario angioino; nel 1515 invece il castello fu ristrutturato dal Principe Bartolomeo III di Capua.

La residenza dei principi doveva essere molto confortevole e ampiamente decorata soprattutto dopo il periodo rinascimentale. Una ricca biblioteca, sale affrescate, mobili di pregio e ceramiche d'epoca.

Il tutto abbellito da stoffe costose, dipinti di valore e caminetti con lastre in pietra locale scolpita. La ricostruzione degli interni ci viene fornita dallo storico Amorosa, visto che il castello fu oggetto dell'odio annientatore della popolazione riccese nel 1799, senza venire più ricostruito.

Da ricordare anche che nel castello di Riccia visse la bellissima Costanza di Chiaromonte, sposa ripudiata da Re Ladislao di Durazzo e poi moglie del giovane principe di Riccia Andrea di Capua.